Nel nostro mese della sostenibilità, durante la conferenza in cui abbiamo presentato il nostro bilancio sociale 2022, con Aurelio Bauckneht di Gabrielli & Partner, autore del podcast Storie dai mercati, abbiamo affrontato alcuni temi importanti relativi alla storia della sostenibilità, alla cultura d’impresa e al marketing.
Ci sono concetti e discipline come lo sport, la guerra, la sessualità, la moda, il buon cibo o la medicina che bene o male conosciamo tutti; fanno parte della nostra quotidianità e per questo chiunque potrebbe avere un’opinione sensata sull’argomento senza essere un vero esperto. Spesso la nostra vita fa riferimento a concetti che noi esseri umani abbiamo iniziato a sviluppare molto, molto tempo fa, a volte già in epoca preistorica. Queste sono tematiche che scorrono sotto la nostra pelle, nel nostro DNA, fanno parte del nostro immaginario collettivo. Purtroppo però per la sostenibilità non è proprio così.
Sostenibilità: un concetto nuovo
La sostenibilità è un concetto nuovo di cui abbiamo iniziato a parlare, sostanzialmente, solo nel 1800 ed è per questo che facciamo ancora fatica a comprenderne il vero valore. La storia della sostenibilità ha un’origine molto recente e Aurelio Bauckneht ne ha narrato gli snodi principali. Tra le varie tappe, estremamente significativo il cosiddetto Dust Bowl, fenomeno verificatosi nelle grandi pianure degli Stati Uniti negli anni ’30, che creò ingenti danni economici e ambientali a causa di pratiche agronomiche scorrette. Decenni di arature profonde e gestioni errate delle monocolture, come il mais, portarono alla disgregazione del primo strato di terreno fertile; l’humus un po’ alla volta diventò polvere e i venti lo trascinarono via generando delle vere e proprie tempeste di sabbia che in buona parte finirono nell’oceano. Tutto questo determinò un calo devastante della produttività agricola; molti agricoltori persero sia il lavoro sia la casa originando un fenomeno migratorio che coinvolse centinaia di migliaia di persone. Un dramma socio-ambientale ed economico davvero catastrofico. Questo è solo uno tra gli eventi accaduti che, decennio dopo decennio, hanno contribuito alla maturazione del concetto di sostenibilità e di salvaguardia dell’ambiante, nel pieno significato che oggi condividiamo a livello globale. Ma non è sempre stato così. E’ stato molto difficile scardinare quella visione antropocentrica che garantiva all’uomo il diritto di sfruttare il pianeta. Una vera presa di coscienza di queste tematiche inizia a crescere in realtà solo nella seconda metà del ‘900.
“Pensate – continua Aurelio Bauckneht – che fino al 1968 nessun essere umano aveva mai avuto la possibilità di vedere il pianeta Terra nella sua interezza. Nella cronologia – recentissima – delle foto della Terra ripresa dallo spazio, la svolta è stata resa possibile dalla missione Apollo 8 del ’68, con alcune foto meravigliose che sono entrate a buon diritto nel nostro immaginario. Prima di allora nessuno aveva mai ammirato la bellezza di quello straordinario pallino blu immerso nell’oscurità dell’universo, che oggi tutti conosciamo. Le foto dell’Apollo 8 rappresentano un giro di boa fondamentale nello sviluppo del concetto di sostenibilità. Fino a quel momento l’umanità poteva contare solo su immagini sgranate fatte da alcuni satelliti, prevalentemente in bianco e nero e poco chiare. Le foto scattate durante la missione Apollo 8 sono state tra le prime a mostrare la Terra nella sua interezza, permettendo la nascita di una nuova relazione visiva e culturale tra l’uomo e il suo pianeta. Per tutti noi, oggi, è scontato vedere la Terra da quella prospettiva, ma all’epoca non lo era affatto. È grazie ad episodi di questo genere se la sostenibilità – da fenomeno sconosciuto alle masse – iniziò lentamente a trasformarsi in un patrimonio pubblico, ampiamente condiviso.
Conoscere lo scorrere di questi fatti storici è importante per comprendere la storia della sostenibilità. Ma la storia è da sempre determinata, oltre che dai fatti, anche dalle persone. Quali sono le personalità che hanno segnato maggiormente il nostro immaginario, in virtù della loro passione, della loro professionalità e del loro impegno? Nel corso del suo intervento, Aurelio Bauckneht ne ha citate tre in particolare:
- John Muir nato nel 1838, viaggiò a lungo attraverso gli Stati Uniti in territori non ancora antropizzati. Scoprì le bellezze naturali della valle dello Yosemite e favorì la nascita di uno dei primissimi parchi nazionali al mondo. Grazie alle sue esperienze e ai suoi scritti, è considerato il padre dell’ambientalismo. È una figura straordinaria ed emblematica e che ci aiuta anche a capire quante cose oggi diamo per scontate, ad esempio il concetto stesso di area protetta, di parco naturale. Ma nella storia non c’è mai nulla di scontato, soprattutto nella storia della sostenibilità. Tutti questi accadimenti, queste svolte, sono state tutte delle conquiste difficili che, progressivamente, ci hanno permesso di arrivare alla nostra epoca con la nostra consapevolezza sulla sostenibilità.
- Aurelio Peccei fu un manager italiano che rivestì ruoli di primo piano in Fiat e in Olivetti; con il suo operato straordinario, favorì l’accelerazione della cultura della sostenibilità palesando la portata globale dei cambiamenti sociali. Con il supporto di importanti scienziati da tutto il mondo, fondò nel 1968 l’associazione non governativa Club di Roma e avviò una riflessione su varie tematiche, dallo sfruttamento delle materie prime al cambiamento climatico. Il lavoro di Peccei prese il via, tra l’altro, in un periodo storico particolarissimo, ricco di tensioni sociali che rischiavano di portare in secondo piano tematiche come l’ambientalismo e la sostenibilità. Se oggi l’universalità di questi concetti, con la loro portata globale, è un fatto chiaro e condiviso, è merito in buona parte di Peccei e del Club di Roma.
- Papa Francesco ha pubblicato l’enciclica Laudato sì nel 2015. Da sempre la religione è un driver culturale che influenza la nostra vita: con questa enciclica i giri del motore della sostenibilità sono aumentati, anche se con grande ritardo. Papa Francesco, soprattutto all’interno del perimetro della cultura cristiana, ha contribuito fortemente al superamento della visione antropocentrica di un creato realizzato ad uso esclusivo dell’uomo.
La correlazione con l’agricoltura biologica
La storia dell’agricoltura partecipa, a buon diritto, alla storia della sostenibilità. E anche qui è opportuno prendere consapevolezza di quei fatti e di quei personaggi che ne hanno permesso lo sviluppo. Abbiamo da poco superato un anniversario importante: nel 1922 i chimici Bosch e Meiser misero a punto la sintesi industriale dell’urea, composto chimico alla base del concetto stesso di fertilizzazione. L’utilizzo di questo fertilizzante azotato ha incrementato notevolmente le produzioni agricole del secondo dopo guerra migliorando di conseguenza la sostenibilità alimentare a livello mondiale. Ma questo prodotto ha ben 101 anni ed è, di fatto, una tecnologia obsoleta anche se è ancora alla base di molti piani di fertilizzazione convenzionale. Se chiedessimo agli agricoltori di sostituire l’urea con qualcosa di più innovativo e sostenibile in pochi accetterebbero perché domina ancora la mentalità “ho sempre fatto così”. Questo fatto dimostra come nella storia della sostenibilità ci siano molte resistenze al cambiamento con cui dobbiamo fare i conti.
Altro personaggio fondamentale è Sir Howard, agronomo inglese e pioniere della sostenibilità in agricoltura, che nel 1940 pubblicò un libro dedicato a tecniche di fertilizzazione naturale. È considerato uno dei padri del biologico, tecnica agronomica che, giocoforza, è molto recente; il biologico non ha avuto ancora il tempo per costruire un “know-how” solido e saldo; facciamo ad esempio un paragone con la medicina, disciplina la cui storia è antichissima ed è basata su conoscenze consolidate nel corso di millenni. Ma anche l’altra agricoltura, non biologica, così come la intendiamo oggi, si basa su tecniche agronomiche sviluppate recentemente. Norman Borlaug, premio Nobel per la pace nel 1970, è considerato il padre della rivoluzione verde, definizione che si riferisce, sostanzialmente, a quella che oggi chiamiamo agricoltura convenzionale. Le tecniche agronomiche proposte erano basate su un forte incremento della fertilizzazione chimica e della difesa fitoiatrica, e sul miglioramento genetico delle varietà. Ma ben presto i successi indiscutibili raggiunti, legati all’incremento della produttività e al miglioramento della sostenibilità alimentare, aprirono ad interrogativi di carattere ambientale che ancora oggi non hanno una chiara risposta. Ma anche in questo caso vediamo che la storia della sostenibilità (che diventa anche sostenibilità alimentare, economica, sociale) si dipana attraverso tappe molto recenti che devono ancora consolidarsi; una storia ricca, sfidante, ma giovane.
Cosa possono fare le aziende che hanno abbracciato la via della sostenibilità per condividere questo know-how?
Fare impresa è molto complesso, come lo è vendere. Il consumatore è contraddittorio e convincerlo ad accettare la nostra promessa di sostenibilità è molto difficile. La comunicazione d’impresa deve rispettare prima di tutto la legislazione e l’Unione Europea sta contribuendo attivamente alla creazione del contesto culturale e normativo di riferimento, ma il quadro di riferimento non è ancora del tutto solido. La Costituzione Italiana è, in questo senso, emblematica: il concetto di sostenibilità è stato introdotto Costituzione solo nel marzo del 2022 con l’aggiornamento degli articoli 9 e 41. In particolare, l’articolo 41 è – per chi si occupa di impresa – particolarmente pregnante perché riscrive sostanzialmente la definizione stessa di azienda. Oggi un’azienda deve essere sostenibile per legge. Se non sei sostenibile, non puoi essere un’impresa. La promozione della sostenibilità riguarda quindi il purpose dell’azienda, prima di tutto perché è lo Stato a chiedercelo. E riguarda ovviamente anche contenuti e linguaggi che Stato e UE stanno progressivamente perimetrando; oggi, ad esempio, non è più possibile utilizzare claim come “a km zero” o a “filiera corta” se non si rispettano precisi parametri; nel 2022 il Consiglio Europeo ha proposto di normare l’utilizzo di termini legati alla semantica della sostenibilità per evitare l’abuso a cui tutti abbiamo assistito negli ultimi anni e per dare al consumatore un’informazione il più trasparente possibile. Ma non è solo un tema legato alle normative. La comunicazione nelle imprese italiane è spesso problematica perché non sono stati sciolti nodi importanti alla base della cultura d’impresa. Il dna delle PMI è legato alla produzione, al saper fare, alla linea di produzione, e questo si rispecchia in una comunicazione spesso troppo focalizzata sul prodotto, sul dettaglio tecnico; l’identità, il “perché” e il posizionamento passano in secondo piano. Simon Sinek con il suo lavoro sul Golden Circle del 2009 ha fornito un contributo fondamentale e questo è uno degli aspetti che caratterizza il servizio di consulenza che offriamo come Gabrielli & Partner. La comunicazione della sostenibilità ha senso se fa parte realmente dell’identità aziendale, del proprio “perché” e se si traduce in un vero valore alla base del “perché” del cliente, cioè di quella ragione che dovrebbe spingerci a scegliere un fornitore piuttosto che un altro. Aggiungiamo, inoltre, che spesso le aziende provengono da un passato poco attento alla sostenibilità, da una cultura figlia del ‘900 con altre priorità. Il cosiddetto greenwashing non aiuta certo a risolvere queste situazioni, anzi le peggiora. Ma il cambiamento è sempre possibile e può essere comunicato, senza avere paura del nostro passato.
Il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset ci ha lasciato un insegnamento importante: “Io sono io e le mie circostanze e se le nego, nego me stesso”. L’identità aziendale è sempre collegata alla sua storia, alla sua crescita, al suo contesto territoriale e ambientale, ed è anche figlia di errori e insuccessi. Una piena consapevolezza di sé stessi e dei valori aziendali deve partire anche da queste circostanze e devono essere trasformato in un racconto di valore per alimentare il cosiddetto posizionamento strategico.
Rivedi il nostro evento dedicato al Bilancio Sociale 2022 qui.